Un anno di smartworking: pro e contro

Smartworking un anno dopo

Un anno di smartworking. 

Esattamente il 1 marzo 2020 i miei colleghi ed io abbiamo iniziato a lavorare in smartworking.

Un termine entrato nel lessico quotidiano da quando questa Pandemia ha deciso di rivoluzionare la nostra vita, le nostre abitudini e il nostro glossario.

In 365 giorni ho potuto sperimentare pro e contro di quello che in italiano si definisce: lavoro agile.

Ho attraversato più fasi: amore, odio e infine accettazione.

Adesso ti racconto.

Smartworking: marzo 2020

Considerata l’incertezza di quello che stava accadendo, l’idea di lavorare da casa mi faceva sentire più sicura: non dovevo prendere la metro ed espormi a contatti potenzialmente pericolosi.

La novità mi piaceva:

  • sveglia ritardata
  • assenza di viaggi e spostamenti
  • tuta come outfit of the day (oramai stile di vita!)
  • no make up
  • possibilità di organizzare e incastrare diverse attività nell’arco della giornata (lavatrici, pulizia casa…)

Inoltre, non appena finito il lavoro, staccavo il pc e in 5 minuti ero pronta per iniziare il mio allenamento, zero spostamenti e ottimizzazione dei tempi al massimo: bellissimo!

Ma, mese dopo mese, la voglia di rivedere i colleghi e vivere la vita d’ufficio si faceva sentire.

È diverso trascorrere la giornata fianco a fianco rispetto allo stare ognuno a casa propria senza contatto diretto. 

Le call organizzate hanno una precisa finalità lavorativa. 

In presenza, non solo il confronto e il lavoro insieme sono facilitati, ma c’è anche più tempo per parlare di argomenti extra lavorativi che alleggeriscono le ore e incrementano la socialità stemperando la stanchezza di certe giornate. 

Ecco che si è aperto il periodo d’odio per lo smartworking. Era frustrante stare in casa 24/7, concentrazione e motivazione iniziavano a vacillare.

Poi la seconda ondata: la paura ha fatta nuovamente da padrona.

Questa volta però, oltre alla preoccupazione, è subentrata la consapevolezza: mi aspettavano settimane lavorative in solitudine, silenzi e poco altro.

Per fortuna, compatibilmente con i DPCM, ho potuto cambiare casa e vivere con la famiglia così da avere persone con cui parlare durante l’arco della giornata ed abbandonare quel senso di solitudine a volte insostenibile.

Smartworking: un nuovo equilibrio.

Ho imparato ad organizzarmi in modo più efficace, ritrovando nuove energie e la concentrazione necessarie per conciliare impegni, tempo libero, interessi, doveri.

Certo che i miei colleghi ed un ambiente di lavoro fatto di confronto e condivisione mi mancano, così come uscire un po’ dalle mura domestiche.

Al momento sentirmi al sicuro, circondata da persone che amo  è il regalo più bello che lo smartworking possa offrirmi. 

Le difficoltà legate a questo periodo ci costringono a tirar fuori chi siamo veramente, a frugare nella scatola dei valori per cercare quelli che contano davvero per trovare un pizzico di tranquillità e buon umore nonostante tutto.

Tu come stai vivendo l’esperienza di smartworking?

Raccontamelo nei commenti qui sotto o scrivimi in direct @costy_rossi

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